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Guide pratiche
24/09/2021
7 min
Stefano Di FazioStefano Di Fazio

Il modello della Circular Economy

Il concetto di Economia circolare La "Circular Economy", in italiano economia circolare, come afferma nel 2016 l’UE è un modello di produzione e consumo che mira a ridurre lo spreco di rifiuti al minimo ed attraverso la condivisione, prestito, riutilizzo,

Il modello della Circular Economy
Guide pratiche
24/09/2021
7 min
Stefano Di FazioStefano Di Fazio

Il concetto di Economia circolare

La "Circular Economy", in italiano economia circolare, come afferma nel 2016 l’UE è un modello di produzione e consumo che mira a ridurre lo spreco di rifiuti al minimo ed attraverso la condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo di materiali, allungare il ciclo di vita dei prodotti il più a lungo possibile.

Il concetto di economia circolare era stato pensato già negli anni ’70 in diverse discussioni accademiche ma è nel 2010 che subisce una forte accelerazione grazie all’interesse dell’ex velista britannica Ellen MacArthur, che proprio nello stesso anno crea la Ellen MacArthur Foundation, per sensibilizzare scuole e aziende sulla sostenibilità e la transizione verso la circular economy, raggiungendo fin da subito una grande partecipazione di pubblico e di numerose aziende e parti politiche che hanno sposato la sua causa arrivando ad essere un punto di forte discussione al Parlamento Europeo.

“It’s a new way to design, make, and use things within planetary boundaries.” (cit. Ellen MacArthur Foundation)

Differenze con la Linear Economy

La circular economy si contrappone quindi alla “linear economy”, ovvero l’economia tradizionale che ha caratterizzato fino a poco tempo fa le nostre città e le nostre vite, e che oggi è rimasta in quei Paesi in via di sviluppo che ancora non hanno adottato moderne tecnologie di riciclo e riutilizzo.

In sostanza nella linear economy una risorsa, una materia prima come il legno, la plastica o il vetro vengono introdotte nel ciclo economico, utilizzate per produrre un oggetto, e poi alla fine della vita di tale oggetto finisce nei rifiuti senza tornare (come nel caso dell’economia circolare) all’inizio del ciclo.

Questo presenta due problemi di enorme gravità come l’inquinamento prodotto dai rifiuti che vengono inceneriti o messi in discarica, oltre che l’occupazione di grandi aree di spazio e, la sempre maggiore scarsità di materie prime, non essendo possibile il riutilizzo.

Inoltre, uno dei maggiori problemi che la linear economy ha contribuito a causare in questi anni è l’ormai famoso surriscaldamento globale dell’atmosfera causato dalla CO2 emessa principalmente per la produzione energetica, per l’attività industriale di ogni genere, e per i trasporti.

Ue e Circular Economy

L’Unione Europea dal 2015 si è impegnata su questo fronte con il pacchetto economia circolare, un insieme di direttive che impegnano i Paesi membri entro il 2030 a riciclare almeno il 70% dei rifiuti urbani e l’80% dei rifiuti da imballaggio, oltre al divieto di gettare in discarica quelli biodegradabili e riciclabili.

L’UE, infatti, ha molto discusso sul tema della circular economy, lo testimonia la presentazione della Commissione nel 2020 sotto il Green deal europeo in linea con la proposta per la nuova strategia industriale, del piano d’azione per una nuova economia circolare che include proposte sulla progettazione di prodotti più sostenibili, sulla riduzione dei rifiuti e sul dare più potere ai cittadini, come ad esempio attraverso il ‘diritto alla riparazione’. I settori ad alta intensità di risorse, come elettronica e tecnologie dell’informazione e della comunicazione, plastiche, tessile e costruzioni, godono di specifica attenzione, poiché settori che utilizzano materiali difficili da smaltire.

Come stima difatti la stessa Unione, solo in Europa si producono ogni circa 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti!

2 08

Obiettivi

È chiaro che l’idea di cambiamento che presuppone l’Economia Circolare deve orientare il sistema economico complessivo verso nuovi modelli di comportamento: questo significa sostenibilità ambientale e sociale.

Uno schema concettuale utile per inquadrare l’Economia Circolare è quello adottato dall’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), che evidenzia tre aspetti in particolare:

  • la chiusura dei flussi di risorse

    , ciò che è conosciuto da lungo tempo come recupero e riciclo, dove il sistema rifiuti ha un ruolo dominante insieme con il riutilizzo e il re-manufacturing dei prodotti;

  • il rallentamento del circuito d’uso

    , cioè l’allungamento della durata di vita dei prodotti e il contrasto all’obsolescenza accelerata rispetto a ciò che è logico dal punto di vista tecnico e accettabile a livello sociale;

  • il restringimento del circuito d’uso

    , cioè l’efficienza nell’uso delle risorse che si concretizza nell’evitare lo spreco e nel produrre di più con la stessa quantità di risorse e materiali, con un focus che si estende al design e forme di “sharing economy”.

Inoltre, aggiungiamo noi, un punto chiave che merita una menzione particolare è il principio d’educazione all’economia circolare che può avvenire attraverso qualsiasi iniziativa di educazione ambientale esistente soprattutto negli ambienti scolastici ed accademici in primis, su aspetti come il risparmio energetico, la gestione dei rifiuti, l’educazione alla biodiversità, il cambiamento climatico.

E la Circular Economy in Italia?

In questo campo il nostro paese spicca in termini di risultati come si evince dal primo Rapporto nazionale 2019 sul modello dell’economia circolare realizzato dal Circulary Economy Network, l’Italia è al primo posto in Europa in questo ambito con un punteggio di 103, staccando altre potenze europee come Germania, Francia o Spagna.

Numeri importanti che fanno ben sperare per il futuro giungono da un’indagine di Coldiretti nel 2019, il giro d’affari dell’economia circolare vale 88 miliardi di euro. Sempre secondo l’indagine, si afferma che gli italiani credono con  fiducia allo sviluppo sostenibile del paese e sulla possibilità che la transizione verso la green economy possa portare a nuove opportunità in termini di occupazione lavorativa.

Primi in Europa per l’economia circolare, Il nostro paese è il più virtuoso e in 10 anni ha dimezzato l’uso delle materie prime, con 256 tonnellate per milione di euro prodotto, superando in questo anche la Germania, che si attesta a 423 tonnellate.

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Il contributo di startup e PMI innovative

Questi incoraggianti risultati sono il frutto di un grande lavoro che è stato e viene tutt’ora svolto in Italia, grazie anche al contributo che viene dalle diverse startup e PMI innovative interessate al modello della circular economy.

l’Osservatorio Startup Intelligence, in collaborazione con l’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano hanno censito ben 376 startup suddivise in 6 aree in base ai modelli di business adottati: Circular inputs, Resource recovery, Lifecycle extension, Sharing platform, Product as a service, Technology for waste prevention.

Di seguito alcuni tra i più importanti case study:

 

Circularity

, startup e società di benefit che ha lanciato il primo motore di ricerca per l’economia circolare con l’obiettivo di rivoluzionare il mondo dei rifiuti in Italia. La piattaforma digitale permette di trovare in pochi e semplici click i partner migliori per dare nuova vita ai propri rifiuti e che abilita la collaborazione e lo scambio peer to peer dei materiali, grazie al network geo referenziato tra imprese industriali che producono scarti, altre che possono riutilizzare quegli scarti a sua volta nei loro processi di produzione, ed impianti di trasformazione dei rifiuti che li fanno diventare materie prime seconde per nuovi prodotti, e trasportatori autorizzati.

Fili Pari

, startup innovativa che ha brevettato una tecnologia in grado di valorizzare i prodotti e sottoprodotti delle industrie della pietra italiane, promuovendo un utilizzo efficiente della pietra naturale attraverso l’applicazione di nuove soluzioni per il mercato tessile.

Packtin

, nata dal lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia, recupera i prodotti di scarto dei processi industriali della filiera agroalimentare (bucce di arancia, mela, pomodoro, polpa di barbabietola, etc.), da cui estrae biopolimeri per la realizzazione di integratori, pellicole, gel, packaging biodegradabili e commestibili.

Anagramma

, (col nome commerciale MyFoody), raccoglie modelli di business basati sull’estensione del ciclo di vita dei prodotti tramite riparazione, rilavorazione e remarketing. Questa startup è una two-sided platform dove i prodotti in scadenza, venduti dai supermercati a prezzo scontato vengono segnalati all’utente in base alla prossimità.

Stefano Di Fazio

Stefano Di Fazio

Autore

Membro del team SRLonline, specializzato in consulenza aziendale e servizi per SRL.

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